Valerio Albanese ci racconta il suo punto di vista sull'essere padre

Cosa vuol dire essere papà?

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“Non chiamatemi mammo! Io sono un papà!”.

Inizia così la nostra intervista con Valerio Albanese, che attraverso il suo profilo Instagram Papathumper ci mostra le sue avventure in compagnia dei figli Sole e Brando, e sua moglie Desirèe.

Ciao Valerio, cosa significa per te essere un papà?

Essere un papà mi viene naturale! Per me non bisogna “costruirsi” un ruolo, deve essere qualcosa di spontaneo: la prima volta che ho visto Sole ho sentito immediatamente dentro questo desiderio di accudirla, di prendermi cura di lei e di mia moglie. Era davvero un desiderio fortissimo, difficile da descrivere a parole.

Sei un padre molto presente e pieno di entusiasmo, hai avuto esempi del genere in famiglia?

Quando ho avuto Sole e Brando, ho sentito di avere l’opportunità di vivere un’infanzia che, forse, da piccolo non avevo vissuto. Questo ha creato un legame con loro, unico. Gioco tantissimo insieme a loro, non solo perché mi diverto, ma anche per condividere momenti di intimità che ti fanno scoprire tante cose. E poi voglio “godermi” i miei figli fino a quando riesco ancora a prenderli in braccio!

 

Per Valerio la gioia del gioco e del condividere con i propri figli ogni momento è fondamentale, ma è anche una missione per sdoganare l’idea stereotipata di un padre forte, distaccato, mai fragile.

Secondo te perché i padri sono poco inclini ad “aprirsi” come fai tu?

A me piace tantissimo dialogare, sempre con toni giusti ed educati. E quando lo faccio, scopro che la società è ancora indietro, molti papà si tengono ancora tutto dentro e non si espongono. Io ammetto la mia tristezza, e non nascondo le mie debolezze. Gli uomini sono fragili: io mi commuovo davanti a un film. Io ho tantissime fragilità e le mostro.

Molte persone mi aiutano quando faccio il vedere il mio stato d’animo, e non ti fanno sentire solo: è un gruppo di conforto. Viviamo in una società dove sei “meno uomo” se non cambi il pannolino, invece per me è il contrario: i veri uomini piangono, cullano i figli e raccontano le fiabe!

Come vivi il tuo essere padre di un maschio e una femmina?

Lo ammetto: all’inizio volevo un maschio. Poi è nata Sole, e volevo un’altra femmina! (ride)

Mi sono sorpreso. In realtà io non faccio distinzioni, perché i miei figli non ne fanno: mischiamo insieme abbigliamento e giochi. Brando voleva una cucina giocattolo, e io gliel’ho comprata. Sole vuole giocare a calcio, e io la incoraggio: dove sta scritto che il calcio è solo uno sport da maschi?

Incoraggio la loro unicità e i loro sogni. Ad esempio: Sole al carnevale a scuola, tutte vestite da principesse, e lei da cosa voleva vestirsi? Da squalo!

L’importante per me è dare la libertà ai miei figli di scegliere, in questo modo tra loro si crea un’armonia straordinaria.

Per questo cerco, a poco a poco, di cambiare la mente delle persone sugli stereotipi tra maschi e femmine: voglio lasciare ai miei figli un mondo e una società migliore, più aperta.

Come condividete le responsabilità nella coppia?

Io e mia moglie siamo allo stesso livello, la cosa importante è il dialogo. A me e Desirèe viene naturale, non bisogna chiedere. L’importante è parlarsi, ma moltissime cose a me vengono naturali: io pulisco perché lo faccio spontaneamente, sono molto ordinato e “rompiscatole”. A volte ricevo dei messaggi dove le mogli si chiedono come fare a convincere il marito ad aiutarle.

Se tuo marito non sa fare qualcosa, lascia che impari! All’inizio io non sapevo mettere neanche un pannolino.

La nostra intervista con Valerio si conclude, ma continuiamo con piacere a parlare con lui “off screen”, e ci regala questo messaggio che quasi riassume tutta la sua missione di papà “straordinario”:

 

Quello che vorrei dire ai miei figli e a tutti è: siate unici, la società va cambiate rompendo gli stereotipi!